“A violent love”: Sono le parole con cui comincia una biografia monca, una storia senza cardini se non quelli concettuali e universali di “nostalgia, passione, sofferenza, solitudine, sogno” e ovviamente “violento amore”. I Hate Models, nascosto dietro ad una bandana, lontano dall’occhio pubblico, immagina e reinventa in suono malinconico e brutale i valori di una giovane generazione che conosce la frustrazione, quelli dei “figli di mezzo della storia, senza scopo né posto”.
Dalla fine del 2016, con il suo EP di debutto su ARTS, il suo nome si è diffuso da Parigi a macchia d’olio sulla scena, fino ai club che conosciamo e amiamo e ai festival più grandi; un producer incredibilmente prolifico, con una grande elasticità “produttiva” in grado di firmare con numerose e diverse label ma rimanendo sempre fedele a se stesso. Al proprio unico modello. E non a quello degli altri, che invece, chiaramente, odia. Non sono infatti i volti patinati delle riviste -e dei social media- ad accenderne il dissenso, quanto più tutti gli stereotipi, le scatole, i generi che invece ha sempre cercato di valicare e bypassare.
Cresciuto a suon di hip-hop, punk e metal, il suo viaggio con la musica elettronica comincia tuttavia presto, non ancora maggiorenne, con la scoperta di un album di soli remix elettronici della sua band preferita. Da quel momento la sua passione si espande in una pletora di generi e sfumature, dall’electro all’EBM. Nel 2018 l’incontro con Perc Trax ne sancisce la vicinanza con l’universo nero ed estremo dell’industrial e della techno made in UK, cui seguirà l’album di debutto rilasciato dalla stessa lo scorso 21 giugno.
L’Âge Des Métamorphoses: quella di I Hate Models è una metamorfosi sincera e violenta: in dodici tracce e ben 93 minuti di musica, l’artista parigino investiga quella mitologia intima eppure comune di angoscia e oppressione di cui parlavamo all’inizio. Sebbene i ritmi metallurgici invitino a muovere il corpo e colpiscano duramente in una catarsi che solo l’helter skelter dell’industrial è in grado di evocare, molto più di un martello inclemente è nascosto sotto la superficie. Tra i synth che si lamentano e i rumori che graffiano, si aprono squarci di melodie nostalgiche in un continuo gioco di tensione e rilascio che entra a pieno titolo nella narrativa frustrante dei titoli, senza però perdere la capacità adrenalinica ed esaltante di questo tipo di suoni. Soffriamo, ma quanto meno lo facciamo insieme in un rave con 6000 persone. :
La monotonia e i tool ripetitivi della techno lasciano lo spazio ad una vera ricerca musicale in un album che oltre a poter essere ballato, è estremamente interessante anche solo poter ascoltare, a partire dalla primissima traccia “The Beginning of the End” che apre all’insegna di un’epica cinematografica, una costruzione architettonica digitale, come certe sequenze di apertura dei film fantascientifici degli anni 80.
Vi lasciamo all’ascolto di “Sexual Tension”, un’affascinante esplorazione di questo concetto attraverso elementi oldschool di hardcore, industrial e acidi accompagnati da visual allucinatori, impossibile restare fermi e non rimanerne rapiti.
I HATE MODELS sarà headliner domenica 7 luglio per l’after party ufficiale del Kappa FuturFestival 2019 in partnership con GENAU al Q35 di Torino: clicca qui per scoprire l’evento o qui per i ticket.