A cura di Enrica Vione
[English version below]
Un ambiente suggestivo che testimonia come sia possibile l’incontro così apparentemente lontano tra l’arte contemporanea e l’architettura sacra, con l’aggiunta di una performance sonora di musica elettroacustica.
Questa “Isola che Non C’è” è la Chiesa di Santa Maria Annunciata in Chiesa Rossa a Milano, una chiesa degli anni ’20 che ha ripreso una nuova vita ancora nel 1997 con il grande impatto visivo apportato dall’intervento site-specific chiamato “Untitled”, dell’artista americano tra i precursori e i principali esponenti contemporanei del Minimalismo, Dan Flavin. L’opera è stata prodotta da Fondazione Prada poco dopo la scomparsa di Flavin, in collaborazione con Dia Center for the Arts di New York e Dan Flavin Estate. Si tratta di uno degli ultimi progetti concepiti dall’artista ed è stato mostrato in occasione della sua prima personale italiana organizzata a Milano dalla Fondazione che, da allora, sovraintende e supporta la conservazione dell’opera.
Entrando nella chiesa ci si trova proiettati in una dimensione soprannaturale che avviene grazie al lavoro dell’artista che con l’installazione luminosa prodotta da tubi neon colorati (blu e verde per la navata centrale, rosa per il transetto e giallo dorata e ultravioletta per l’abside), crea un passaggio cromatico attraverso gli spazi che suggerisce la progressione naturale della luce, dalla notte al giorno, riproponendo in chiave artistica, la concezione della luce come epifania, in un percorso che parte dall’alba fino al tramonto.
Proprio all’interno di questa ambientazione è stata inserita la performance della compositrice Maria W Horn, artista svedese che trova la sua collocazione perfetta all’interno di questi spazi con “Dies Irae”, uno tra i concerti proposti da Threes Production e MMT Creative Lab, sempre in collaborazione con Fondazione Prada che si impegna ormai da anni a trovare quel trait d’union tra i diversi linguaggi delle arti performative.
L’artista si approccia con le sue composizioni alla manipolazione del tempo e dello spazio attraverso delle estremizzazioni sonore, cercando di instaurare un equilibrio tra strutture minimaliste e una penetrante elettronica utilizzando la sintesi sia digitale che analogica in aggiunta a componenti audiovisivi, fino a sconfinare nell’elettroacustica.
“Dies Irae” trae la sua ispirazione da una composizione poetica in lingua latina risalente al XIII secolo e attribuita al poeta Francescano Tommaso da Celano. Si tratta di una visione del giorno del giudizio, fra salvezza divina e fiamme eterne, sulla quale Maria W Horn costruisce un’opera che viene suddivisa in due parti, partendo da suoni sintetici, strumenti elettroacustici e acustici oltre a componenti audiovisivi, sviluppando processi per controllare il timbro, l’intonazione e la struttura fino ad arrivare alla realizzazione di un’opera per quartetto vocale femminile ed elettronica.
L’artista utilizza una pluralità di strumenti e linguaggi: dai sintetizzatori analogici al coro, dagli strumenti a corda all’organo a canna. La sua musica, con questa commistione misurata di vari linguaggi delle arti performative, partendo dal minimalismo, esplora in maniera profonda le proprietà intrinseche del suono e dello spazio in cui le inserisce, creando un momento metafisico che viaggia sul filo del rasoio tra la realtà e il sogno, tra il sacro ed il profano.
https://mariahorn.se/
______________________________________
[English version]
Dies Irae – Maria W Horn
By Enrica Vione
An evocative environment that bears witness to how such an apparently distant encounter between contemporary art and sacred architecture is possible, with the addition of a sound performance of electro-acoustic music.
This “Neverland” is the Church of Santa Maria Annunciata in Chiesa Rossa in Milan, one church from the 1920s which took on a new life again in 1997 with the great visual impact made from the site-specific intervention called “Untitled”, by the American artist among the forerunners and main exponents contemporaries of Minimalism, Dan Flavin. The work was produced by Fondazione Prada shortly after Flavin’s death, in collaboration with Dia Center for the Arts in New York and the Dan Flavin Estate. It is one of the last projects conceived by the artist and it was shown on the occasion of his first Italian solo show organized in Milan by the Foundation which, since then, has supervised and supported the conservation of the work.
Entering the church, one finds oneself projected into a supernatural dimension that takes place thanks to work of the artist who with the light installation produced by colored neon tubes (blue and green for the central nave, pink for the transept and golden yellow and ultraviolet for the apse), creates a chromatic passage through the spaces that suggests the natural progression of light, from night to day, reproposing in artistic key, the conception of light as an epiphany, in a path that starts from sunrise to sunset.
The performance of the composer Maria W Horn was inserted within this setting, Swedish artist who finds his perfect location within these spaces with “Dies Irae”, one of the concerts proposed by Threes Production and MMT Creative Lab, again in collaboration with Fondazione Prada who has been committed for years to finding that trait d’union between the different languages of performing arts.
The artist approaches the manipulation of time and space through his compositions sound extremes, trying to establish a balance between minimalist structures and a penetrating one electronics using both digital and analog synthesis in addition to audio-visual components, up to trespassing into electro-acoustics.
“Dies Irae” draws its inspiration from a Latin-language poetic composition dating back to the 13th century e attributed to the Poet Franciscan Tommaso da Celano. It’s a doomsday vision, bro divine salvation and eternal flames, on which Maria W Horn builds a work that is divided in two parts, starting from synthetic sounds, electroacoustic and acoustic instruments as well as audiovisual components, developing processes to control timbre, intonation and structure leading up to the realization of a work for female vocal quartet and electronics.
The artist uses a plurality of instruments and languages: from analog synthesizers to the choir, from instruments to pipe organ string. Her music, with this measured mix of various languages of the performing arts, starting from minimalism, she deeply explores the intrinsic properties of sound and the space in which she places them, creating a metaphysical moment that travels on the razor’s edge between reality and dream, between the sacred and the profane.