Se è vero che “il medium è il messaggio”, allora si potrebbe sostenere che a volte “il club è la performance”. E ci perdoni Marshall McLuhan, autore della prima frase, se il parallelismo può suonare forzato. Se però pensiamo al Berghain come somma di tutte le sue parti, dalla struttura fisica al pubblico che lo frequenta, dalla musica che propone all’ambiente, è facile credere, almeno per chi conosce e frequenta questo club berlinese famoso in tutto il mondo, che ogni weekend al suo interno si riesca a far nascere e vivere una vera e propria performance artistica.
Questo weekend di dicembre, il Berghain avrebbe celebrato il suo sedicesimo compleanno, almeno per quanto riguarda la sua attuale collocazione: dal dicembre 2004, infatti, si trova in una ex-centrale elettrica della Vattenfall nel quartiere di Friedrichschein: e, per chi non lo sapesse, si tratta della “reincarnazione” del leggendario Ostgut, club “male only” che dal 1998 al 2003 è stato pietra miliare della cultura underground berlinese.
Avrebbe celebrato, certo il condizionale è d’obbligo, perché da marzo 2020, come la maggior parte dei club nel mondo, il Berghain è chiuso a causa del Covid-19. Nonostante tutto, ci sembra giusto in questo periodo, ricordarlo non solo come contenitore di eventi musicali, ma anche per la sua vocazione performativa: sfidiamo chiunque abbia salito quelle scale d’acciaio, con i bassi che si fanno strada nelle viscere, l’aria umida e viziata, i giochi di luce e l’immersione in quella sorta di “corpo unico” che si muove all’unisono con i ritmi pulsanti della techno, a non sentirsi parte di un qualcosa di speciale che sta accadendo “qui ed ora”. Più della somma di centinaia di performance individuali, in un luogo di libertà dove si incontrano, senza pregiudizi e nel rispetto degli altri, i più diversi stili di danza, orientamenti sessuali, look, lingue, culture… veri e propri riti pagani in cui protagonista non è solo la musica, ma soprattutto le persone che la vivono.
Negli anni gli spazi del Berghain non solo hanno ospitato centinaia di dj, ma anche installazioni, mostre, concerti e vere e proprie performance artistiche come “Masse”, progetto che ha fatto incontrare la produzione musicale techno con lo Stadtballet di Berlino.
Da settembre 2020, il Berghain ha riaperto come spazio artistico con “Studio Berlin”, ospitando le opere di 115 artisti berlinesi, in attesa di poter riaprire le sue porte ai clubber di tutto il mondo e recuperare la sua vera vocazione di club. “Morgen ist die Frage” è lo striscione che oggi campeggia sulla facciata della ex-centrale elettrica: “Il domani è la domanda”, una frase che non può che sottolineare l’incertezza di questo periodo, ma allo stesso tempo rassicura sul fatto che un domani ci dovrà essere.